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Cattedre libere, cattedre occupate e ……

 

 

Il sotto titolo della presente esposizione, rientra in un lessico tipicamente scolastico che, per gli addetti ai lavori del mondo della scuola, risuona particolarmente familiare. Ogni tanto mi viene quasi naturale, parlando di questo ambiente (della scuola), usare il suo lessico corrente tanto mi rintrona nella testa, anche se tale lessico mi piace proprio per niente. Ho notato che in ogni categoria lavorativa, si formano dei linguaggi, modi di dire e modi di far battute, molto diversi gli uni dagli altri. Ricordo ad esempio che un mio amico, quando si era in pizzeria e magari al tavolo vicino stava una compagnia di ragazze che allegramente si consumava la pizza, allungava l’orecchio e, pur senza capire il senso completo dei loro discorsi, ma solo al sentire alcune parole ripetersi con una certa frequenza, diceva “Queste sono infermiere” oppure “Sono impiegate di banca” oppure “Sono insegnanti” e via dicendo. Da quando ho incominciato a far mente locale su questo, sono rimasto sorpreso e incredulo. Infatti pensavo che la lingua italiana, molto complessa già di suo, fosse uguale per chiunque e più che sufficiente ad indicare questioni e fatti riguardanti tutte le categorie lavorative che stanno nel nostro Paese, e che non ci fosse bisogno quindi di questo supplemento di “codice linguistico”.

marsala

Sarebbe interessante cercare di capire da cosa e da come nasce tutto questo ….Forse che l’origine di tutto ciò, risale già ai tempi della “Torre di Babele” menzionata nelle Sacre Scritture? ….Magari per costruire questa torre (la torre di Babele), la gente si sarà suddivisa le varie mansioni lavorative; qualcuno porta le pietre, altri le lavorano, altri portano le bevande e altri le servono. Una categoria si occupa dei lavori di falegnameria, altri vanno per i boschi a recuperare legna, altri fanno da mangiare per gli operai, altri ancora medicano eventuali infortuni sul lavoro e così con il tempo si creano, fra queste diverse categorie lavorative, come delle caste sociali e di conseguenza, modi di dire che si andranno sempre più accentuando nelle loro differenze fino a diventare lingue assolutamente diverse le une dalle altre. La lingua italiana oltretutto, è una delle lingue più elaborate del mondo come ho detto, per cui in teoria questo fenomeno non ci dovrebbe essere in quanto in tale lingua, teoricamente si potrebbero trovare tutti i termini per indicare ogni cosa o situazione. Ma evidentemente una sola lingua italiana non è sufficiente, ne occorrono diversi surrogati; una per categoria lavorativa.

marsala

Alla fine il cantiere per la costruzione della torre di Babele si ferma… anche perché prima o poi, doveva pur fermarsi in quanto non poteva certo arrivare fino sulla Luna…e nemmeno arrivare un po' prima….e così quando i lavori, in qualche modo, finalmente cessarono (chissà quanto tempo dopo l’inizio della costruzione), la nascente società umana si ritrova suddivisa in vari gruppi linguistici molto diversi fra di loro; cosa che prima sembra non fosse mai successo…. Ho pure notato, tornando al mondo odierno, che nelle Assemblee Sindacali lo stile del linguaggio si sposta un pochino dal tipico linguaggio dei prof. i quali (parlo degli insegnanti che dispongono di una buona oratoria, di una voce forense e che non stanno ai margini) sanno fluttuare come camaleonti, da uno stile linguistico all’altro; è una mia impressione ma durante tali Assemblee, pur avendo a volte delle cose da dire, non le dico, e non le ho dette perché mi sono subito reso conto di essere sprovvisto dello stile linguistico tipicamente sindacalista, e mi sono pure accorto, strano ma vero, che non è tanto l’idea che conta (anzi, più le idee sono valide e soprattutto innovative, più creano perplessità, opposizioni e problemi) ma piuttosto, lo stile oratorio che deve essere assolutamente di tipo sindacalista…..è proprio quello che fa la differenza. Tu dici cose che tutto sommato potrebbero anche andar bene, ma se non sono dette nello stile giusto, in questo caso sindacalista….è meglio lasciar perdere prima ancora di iniziare….Una volta ci ho provato, ma mi sono accorto che per gli ascoltatori era come se parlasse un marziano…Eppure quello che dicevo aveva una sua logica che poteva benissimo essere, per lo meno, valutata….Ecco un altro elemento divisorio e di incomprensione che nasce spontaneamente, come germinazione naturale fra le già tante incomprensioni umane (forse una tara ereditaria che risale fin dai tempi antichi della torre di Babele?)…. Un fenomeno psicologico che sarebbe assolutamente interessantissimo studiare, e in modo approfondito.

marsala

Quindi, se uno dovesse avere delle idee, ma le dovesse esprimere con un linguaggio, pur se corretto, non convenzionale, non farebbe assolutamente presa sui presenti e il suo dire risulterebbe come privo di senso, se non addirittura ridicolo e fuori luogo. Un altro invece pur dovesse dire cose assurde o semplicemente inutili, magari quello che dice non avrà un seguito, ma intanto sul momento, dicendole nello stile giusto, il suo “dire” ci sta bene, e la sua bella figura la fa….Questa è una cosa che mi ha sempre destabilizzato e anche incuriosito, in quanto non sono mai riuscito a cogliere il senso logico di tutto questo….possibile che chi ascolta non sia minimamente in grado di riflettere di suo per capire che chi sta parlando dice baggianate o cose sensate, a prescindere dal suo stile oratorio?…Soltanto il suo cervello dovrebbe valutare l’argomento esposto.

marsala

Questo spostamento di stile linguistico, pur trovandoci nella stessa Nazione, l’ho percepito subito da quando sono entrato nel mondo della scuola, anche se non riuscivo a catalogarlo e codificarlo. Mi rendevo conto però che mi spiazzava notevolmente in quanto sicuramente, già a monte, il discorso stesso era carente di……equilibrio. Certo è che se una persona, nel caso specifico un insegnante, volesse difendere i suoi diritti o portare delle migliorie nella scuola, e dovendo per questo parlare in un Collegio dei docenti (organismo istituito unicamente per facilitare la circolazione delle idee), e per essere preso almeno in considerazione, usare un tipo di linguaggio poi, quando si tratta di una assemblea sindacale invece (organismo istituito per difendere i nostri diritti), usarne un altro, e un altro ancora, quando si tratta di fare gli scrutini e consigli di classe…..voglio continuare …. ancora un altro quando parla con le mamme ecc. sicuramente tutto questo, potrebbe diventare tremendamente complicato….altro che libertà di parola e di pensiero. A volte mi viene da pensare malignamente che essendoci ora libertà di parola, la quale potrebbe anche dare forse fastidio a qualcuno, si cercherà di “equilibrare” questa libertà e diritto, in tanti modi, soprattutto sotto una forma psicologica onde limitare e controllare meglio….gli “eccessi” di pensiero ovvero…di quelli che pensano oltre la norma prestabilita….Tutte queste cose le ho imparate nel mondo della scuola…Curioso vero? Uno si mette in graduatoria per insegnare e dopo aver molto insegnato, si accorge di aver imparato qualche cosa pure lui….Qualche cosa alla quale, nemmeno ci pensava, neppure lontanamente. E’ quello che è successo a me. E’ per questo che tutte le mie considerazioni partono e prendono lo spunto dal mondo della scuola, dove ritengo di aver imparato qualche cosa anche rivestendo il ruolo di docente di musica ovvero, di quello che deve insegnare. Credo sia stato un bene perché almeno, non è stato un rapporto a senso unico con l'utenza.

 

 

Curioso ma vero

 


A questo punto non mi riesce di non ricordare un episodio, sempre vissuto nel mondo della scuola, che mi ha non poco meravigliato. In una scuola presso la quale prestavo servizio, nel contesto di un lavoro interdisciplinare in gemellaggio con altri Istituti, viene vinto un premio e io fui incaricato di andarlo a ritirare a Milano, a nome dell’Istituto. Arrivato a destinazione presenziai, assieme a tanti altri colleghi rappresentanti di altre scuole italiane, a tutta una serie di manifestazioni, assegnazioni di premi e via dicendo, nonché a diversi interventi fatti anche da deputati del Parlamento Europeo (i lavori svolti che hanno ottenuto il riconoscimento, erano tutti in riferimento alla lingua inglese). Ad un certo punto fra i tanti interventi, ci fu quello di uno, evidentemente un tipo senza peli sulla lingua il quale, allo scopo di sensibilizzare tutti sulla necessità di uno studio serio della lingua inglese, e non soltanto un “giocare” con l’inglesismo (il che è diverso), disse una cosa che mi lasciò perplesso, ma purtroppo presumo sia proprio la verità; ecco quello che disse: al Parlamento europeo, quando ci sono decisioni molto importanti da prendere, di quelle che dirigono o condizionano il corso degli eventi, i nostri parlamentari disertano gli incontri (questo ha detto quel tipo), perché in quelle occasioni, si deve parlare solamente in inglese e gli italiani, anche fossero parlamentari, non hanno una grande dimestichezza e una buona pronuncia di quella lingua; di italiani che hanno una pronuncia inglese perfetta, da “madre lingua” ce ne sono pochissimi. Così che in queste riunioni, a volte determinanti per noi italiani, mancano i nostri onorevoli e le decisioni prese di conseguenza, saranno favorevoli soltanto ai nostri fratelli europei “non italiani” , ma non agli italiani, europei pure loro….

marsala

La costernazione che provai nel sentire ciò, fu tale da non sapere nemmeno come reagire dentro di me, alla cosa……Intanto non capisco perché l’Inghilterra che nemmeno utilizza l’Euro, deve avere in quel contesto, addirittura il monopolio linguistico. Secondo me, anche se la pronuncia inglese non fosse perfetta, non ha assolutamente importanza; la sola cosa che conta, è quella di essere capita. Tantissime volte mi è successo di sentire gente inglese esprimersi in un pessimo italiano; malgrado ciò, le ho capite benissimo, anche se gli accenti e le vocali erano tutte sfasate. Se soltanto la paura di essere presi in giro (o non fare bella figura), deve dirigere il corso degli eventi storici, mi sembra davvero una cosa incredibile. Al limite a questo punto, anche gli italiani potrebbero “prendere in giro” gli inglesi che hanno la pronuncia italiana un po’ sfasata, non da “madre lingua”. Praticamente il fatto determinante è che c’è quella paura di fare brutta figura che condizionerà ogni cosa, addirittura il corso della storia…..Come sarebbe bello invece se la gente, magari rischiando anche di fare brutta figura (come a dire…..”e chi se ne frega?”…), magari perché forse ha poca dimestichezza con l’inglese, o con il linguaggio convenzionale dei prof. o dei sindacalisti, o altre categorie, esponesse comunque le sue idee infischiandosene allegramente di tutte le paturnie e giochetti mentali degli eventuali ascoltatori, ripeto….come sarebbe bello. Sicuramente così facendo, si lascerebbero un po’ spiazzati coloro che (nel caso ci fossero davvero) avessero un qualche interesse a che si mantenga inalterato questo stato di cose….Dopotutto la brutta figura tanto temuta, sarebbe soltanto teorica, stabilita e preparata a priori in modo artificiale, solamente per condizionare e manipolare ogni cosa…. Secondo me, coloro che non avessero paura di avere coraggio e osassero spezzare questa sciocca (direi) catena, farebbero molto più bella figura di quelli che, temendo di fare brutta figura…la bella figura non la faranno di certo divenendo per questo, come direbbe Gesù: “dei cani muti, incapaci di abbaiare”….Certo è che chi avanza da solo…..come un Don Chisciotte…non va ancora bene ….sarà con un po’ di buon senso e un briciolo di coraggio nonché, con la mentalità giusta (magari facendo notare queste cose pubblicamente), sviluppatasi a livello corale, che si potrebbe fare qualche cosa di positivo in questo senso….spero.

 

 

Un po’ di Storia

 


Un parallelo interessantissimo fra “stile linguistico” e il “vestire elegante” , con la stessa identica procedura, dinamica e…finalità, la ritroviamo nella Storia all’epoca del Re Sole. Questi malgrado fosse Re, aveva le sue personali ricchezze inferiori a quelle di tutti i suoi cortigiani messe insieme. Superavano si, le ricchezze personali di ognuno di questi cortigiani, ma non più se le ricchezze di questi venivano tutte riunite; se questi cortigiani poi, si fossero riuniti anche in una federazione con un loro capo, il Re si sarebbe trovato davvero in condizioni di inferiorità rispetto alla classe dei nobili. Quindi che fece per ristabilire la sua superiorità di “fatto” e non solo di “diritto” (…perbacco, ho utilizzato una tipica espressione scolastica in contesti non scolastici…)? Nei ricevimenti importanti si vestiva sempre più elegante, tanto da far sentire i presenti inadeguati, umiliati e indurli così a fare altrettanto (da chiarire che anche prima erano tutti molto eleganti, magari una eleganza più sobria e soprattutto….più economica)…Più lui aumentava la sua eleganza spendendo capitali per questo, più i cortigiani, sempre per non sentirsi inadeguati, facevano altrettanto ovvero vestivano anche loro sempre più eleganti dando fondo così, gradualmente, a tutti i loro averi e impoverendosi per questo…Alla fine anche il Re si era impoverito, ma ognuno dei suoi cortigiani si era impoverito ancora di più perché rispetto ad ogni singolo nobile, il Re rimaneva sempre il più ricco. Per finire, la classe dei nobili si impoverisce notevolmente così che al re rimane più facile controllarla…E’ vero che da li a poco ci sarà una bella rivoluzione provocata presumo, anche da queste vicende e che cambierà in un certo senso, il corso della Storia ma….pazienza. Il Re ha raggiunto il suo obiettivo (viva il Re….lunga vita ecc. ecc); il resto per lui non aveva più importanza. Curioso pensare che alla base di tutto questo, che ha influenzato enormemente la Storia, ci sia stata sempre quella sciocca paura di essere inadeguati e di fare brutte figure. L’argomento principale di quanto sto dicendo, tratta il “modo di parlare” utilizzato a volte per una precisa finalità; qui invece si è parlato del vestire….ma l’obiettivo e la dinamica è sempre la stessa ovvero, utilizzare la cosa come mezzo di penetrazione, destabilizzare l’avversario e difendere i privilegi e le posizioni ottenute, con una barriera di tipo psicologica che si potrà manifestare in diversi modi, ora di tipo linguistico, ora con l’abbigliamento ecc…..Sono cose che personalmente considero estremamente odiose.

 

 

Finalità di un Riassunto

 


Tornando ai “modi di dire”, ricordo che quando frequentavo la scuola come alunno, sovente l’insegnante ci faceva fare il dettato su qualche argomento e dopo, come compito da fare a casa o in classe, di quello che si era dettato si doveva fare il riassunto. Probabilmente il tutto era predisposto al fine di tenere occupata la classe, però la cosa aveva anche un’altra funzione; infatti prima di fare il riassunto, ci veniva raccomandato di dire si, le stesse cose che erano nel dettato, ma assolutamente di dirle in un altro modo, con altre parole; praticamente il concetto doveva essere lo stesso, ma noi ci dovevamo sforzare di dire le stesse cose usando altre parole e non necessariamente nell’ordine che risultavano nel dettato. Tutto questo poteva sembrare un giochetto ameno per un bambino scemo, ma assolutamente non era così perché facendo questo il ragazzino era costretto a valutare, riflettere, ponderare, al di là del termine che era stato usato per la stesura del dettato; praticamente quello che doveva essere evidenziato, era soltanto il significato dell’esposto che ovviamente poteva essere espresso in tanti altri modi e quindi, a prescindere dalla terminologia usata nel dettato, si doveva separare il significato e contenuto, dalla terminologia usata.

 

 

Ginnastica mentale, molto salutare.

 


Trovo che questo esercizio fosse oltremodo utile, per evitare che il soggetto divenisse come schiavo di un modo di dire senza nemmeno esserne consapevole, più di tanto, del vero significato dei termini usati per quello che stava dicendo. In altre parole, il concetto espresso doveva essere il vero protagonista e le parole usate, dovevano solamente stare al suo servizio. Forse è perché nel pronunciare sempre lo stesso repertorio di termini, cosa che può avvenire in un ambiente lavorativo, per finire viene a formarsi come un lessico a se stante, che con il tempo potrebbe diventare come una “base” o un “canovaccio” per un nuovo tipo di linguaggio. Da un lato potrebbe anche essere una cosa interessante nel vedere come una lingua può essere in costante evoluzione però, secondo me potrebbe essere ancora meglio se, chi dice una parola o si esprime con una frase, sia più consapevole del significato dei termini usanti e che non parlasse così di getto, senza riflettere più di tanto su quello che è la parola utilizzata, per esprimere il suo concetto. A volte ci sono dei modi di dire in cui capisci quello che si intende dire, ma non si capisce perché si usano quei termini per esprimere quella certa frase o battuta, tanto sono remote le cause che li hanno coniati esempio, si usa dire sovente: “Quello che hai detto c’entra come “i cavoli a merenda”….Chissà da quali circostanze nasce questo modo di dire….Quando ero ragazzo, sovente alle quattro del pomeriggio mia mamma mi preparava la merenda con panini imbottiti di “broccoletti fritti” e posso assicurare che non erano niente male anche se erano serviti come merenda….e intanto che mangiavo, pensavo a quel detto che per me non aveva senso….Sarebbe interessante, di tutti questi modi di dire, fare uno studio approfondito per conoscere il senso che ha indotto i nostri antenati, ad esprimersi così.

 

 

Modi di dire….scolastici

 


Dal momento che, come ho detto prima, molte delle mie considerazioni partono dal mondo della scuola, abbinati ai “modi di dire”, che sarebbe un po’ il tema portante di questa esposizione, mi viene naturale fare anche qualche considerazione riguardo l’organizzazione scolastica in se stessa, anche se si va un po’ fuori dal tema, ma non più di tanto. Ecco al proposito ciò che voglio dire: a differenza di tante altre categorie lavorative dove, dopo un ragionevole periodo di prova, mi sembra sei mesi, o si è mandati via, o si viene definitivamente assunti dalla ditta, l’insegnante invece deve sempre attendere, sospirare, e sperare…..sperare soprattutto nelle malattie, influenze, raffreddori e anche qualcosa di più grave, che potrebbero eventualmente colpire colleghi ormai di ruolo da tempo….questi malesseri elencati, sembra siano grandi alleati degli insegnanti che vogliono lavorare; ma anche le maternità, il pensionamento sono importanti amici, sul positivo questa volta, per questi neo docenti rampanti…. Una “rampata” comunque che si esaurisce subito perché una volta di ruolo, non c’è altro come carriera a meno che non si voglia diventare incaricati, mangiarsi il fegato per guadagnare più o meno lo stesso, ma avere però quella “soddisfazione” di sentirsi un capo…..e diventare così, “Incaricato/a facente le funzioni di Preside”. Secondo me, la vera soddisfazione è fare un lavoro stimolante utile, e saperlo fare…bene. Se uno va cercando altre soddisfazioni, vuol dire che il lavoro che sta svolgendo in fondo, non lo gratifica più di tanto. Forse parlo così perché ho avuto esperienze, in tempi diversi, con due incaricate facenti funzioni di Preside e posso dire di avere raggiunto con quelle, la saturazione. Ci sono poi i Concorsi a Preside, solo che per quelli, bisogna studiare di brutto; praticamente per superare un Concorso di quel tipo, bisogna essere grandi appassionati dello studio in se stesso, un po’ come per l’appassionato di musica o di altra disciplina, nuoto, calcio ecc dove, a causa di questa passione, l’interessato si sottoporrà pazientemente a studi o esercizi, per raggiungere la perfezione in quel senso….Io credo che in chi prevale la passione per il comando rispetto a quella per lo studio, non potrà mai trovare in se quella pazienza e volontà per superare tutta la trafila di studi e diventare Preside a tutti gli effetti….ma dovrà accontentarsi di essere sempre incaricato/a…..dico soltanto una mia personale convinzione, forse perché influenzato dalle esperienze sopra accennate…non so, ma credo di non sbagliarmi.

 

 

Insegnanti di Ruolo

 


Ritornando agli insegnanti, quando tutto va bene potranno essere definitivamente e finalmente assunti, ovvero diventeranno di ruolo a tutti gli effetti. Anche ora non mi riesce di resistere alla tentazione di commentare i “Neologisofili” (anche io ne ho inventata una nuova….ma come sono bravo…). Ecco a cosa mi riferisco: prima ad esempio, si diceva: ”Insegnante di ruolo” ora si dice “Insegnante a tempo indeterminato”- Sono queste le differenze che migliorano enormemente la vita di chi lavora nella scuola, sono queste le vere Riforme, quelle che radicalmente ovvero, alla radice, risolvono tutti i problemi che stanno nella scuola; vuoi mettere? Un conto é dire “Insegnante di ruolo” un altro invece, è dire: ”Insegnante a tempo indeterminato”….sicuramente fa molto più fine… anche se non so bene fino a che punto possa essere utile per gli insegnanti o per gli utenti, tutto questo. Sembra quasi che a qualcuno piaccia “coniare” parole nuove, come dice la canzone “Piove Piove”….che fa pure rima… Magari (puerile, se davvero così fosse ) solo per il gusto di vedere che quella parola che tu hai coniato, saranno in molti ad usarla….Certo che anche quella è una grande soddisfazione…….; una soddisfazione che gratifica notevolmente la tua carriera e la tua vita…però io ho sempre detto: “Di Ruolo” perché così mi sta bene ed è pure previsto nella lingua italiana….e sempre dirò così. Se questo è essere obsoleti pazienza, vuol dire che lo sono e pure mi sento fiero di esserlo… Mi vengono in mente ancora altre “cosette” che dimostrano quanto sciocche, secondo me, siano a volte certe imposizioni. Ad esempio da qualche annetto nella scuola media, si è ritornati alle votazioni con i numeri (credo per accontentare i nostalgici di quando andavano, ai loro tempi, a scuola come alunni) Non credo che sia quello che migliorerà le cose, come non è stata una miglioria, in passato, passare dai numeri al commentino. Un commentino che poi si riduceva a questi aggettivi: Ottimo, Distinto, Buono, Sufficiente, Insufficiente e Gravemente Insufficiente. Un po’ striminzito come commentino direi. Anche ritornare ai numeri dopo tanto tempo, secondo me non è stata una buona idea perché un cambiamento, soprattutto se moltiplicato per tutto lo Stato italiano, rimane sempre un piccolo trauma che crea sempre piccoli, o grandi disagi, inutili, che si potevano anche evitare. Ora voglio divertirmi a elencare le assurdità di tutto questo; intanto l’inserimento del commentino all’epoca, era stato concepito perché il ragazzino, povero piccino, non subisse traumi se prendeva un quattro. Il bello era comunque, che questi aggettivi così come erano codificati, in modo statico, esattamente come per i numeri, prendevano totalmente il loro posto a causa della loro "staticità" appunto, della loro progressione equindi, il cambiamento di fatto non c’era, e se c’era il cambiamento, era assolutamente in negativo.

marsala

Infatti ciò che trovavo davvero curioso e che per me è sempre stato motivo di discussione con i capi di Istituto, era che dovevo si mettere una valutazione in modo discorsivo, che poi si riduceva all’utilizzo degli aggettivi sopra menzionati, ma assolutamente non potevo mettere la parola “Discreto”; parola che comunque esiste nel vocabolario italiano. Stranamente quella parola, “Discreto”, era tabù….Fai pure tutti i discorsetti che vuoi, ma quella parola… no; non la potevo assolutamente mettere, anche se l’alunno la meritava perché magari era migliore di un Sufficiente e peggiore di un Buono…..io per forza, assolutamente, pur dovendo essere rigorosamente preciso nella valutazione, non dovevo dare Discreto…davvero strana questa cosa….. ma io, quando lo ritenevo giusto, davo lo stesso il mio Discreto, soprattutto per differenziarlo da un Sufficiente che veniva quasi sempre regalato…. Io credo che anziché ripristinare i numeri (che per forza di cose, può creare qualche trauma, come sempre seccede in questi casi) sarebbe bastato ripristinare ufficialmente la parola “Discreto” che sta fra il Sufficiente e il Buono (esattamente come il sette, che sta fra il sei e l’otto) e tutto sarebbe diventato di una semplicità addirittura elementare e disarmante.

marsala

Dopotutto quell’aggettivo non è una parolaccia……Addirittura viene stravolto ancora una volta il sistema di votazione, mettendo per finire l’equivalente di quell’aggettivo innominabile, che sarebbe poi il sette, ma assolutamente la parola “Discreto” non deve assolutamente apparire…….. Naturalmente sto parlando della scuola media inferiore, dove ho sempre insegnato (francamente non so come funziana nelle Superiori). Comunque sia, quando notavo che un discente era più bravo di uno che meritava Sufficiente, ma meno bravo di uno che meritava Buono, davo tranquillamente il mio Discreto. L’anatema di quella parola era tale, che quando questo succedeva, venivano rifatte le pagelle (per colpa mia….dicevano loro…) facendo così un lavorone enorme, pur di non mettere quella terribile parola. Ormai davo per scontato che era assolutamente impossibile intendersi con il capo di Istituto e fargli capire la differenza che passa fra un sei e un otto…... Credo che con il ripristino dei numeri per finire, l’ho spuntata io perchè il sette equivale alla fantomatica parola che non si dovrebbe dire ma che, naturalmente, io dico lo stesso cioè...Discreto……. A volte mi chiedo quasto: non sarà che gli innumerevoli problemi che ho incontrati nel mondo della scuola, non siano stati generati, almeno in parte, anche da tutte queste cose?

 

 

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